Almeno abbiamo la salute!
- starwells
- 10 ago 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Quante volte abbiamo sentito dire o abbiamo pronunciato noi stessi con leggerezza questa frase per consolarci di qualcosa che ci è andato storto? Io non l’ho mai presa troppo sul serio, forse perché nella mia vita non ho mai sofferto di particolari problemi di salute e sono abituata a stare bene quasi tutto l’anno. D’altro canto è più che comprovato che la mia resistenza genetica al dolore e in generale al malessere fisico sia piuttosto bassa. La somma di queste due cose mi ha fatto particolarmente riflettere quest’ultima settimana.
Dal pomeriggio dello scorso venerdì, ho iniziato ad avere dei dolori addominali. In principio erano leggeri e andavano e venivano. Ma da sabato in tarda mattinata si sono fatti più intensi. Trattandosi di dolori simili a quelli del ciclo, inizialmente ho pensato che potesse essere un periodo di ovulazione dolorosa e non mi sono preoccupata troppo. Ma come anche durante tutta la giornata di domenica il dolore non diminuiva e un antidolorifico blando non faceva effetto, ho iniziato a pensare alle peggio cose. Appendicite per esempio.
Parlandone con i miei amici, mi hanno consigliato di andare in ospedale per fugare ogni dubbio. Io non amo né gli ospedali, né tanto meno i dottori. Cioè, mi piacciono ma non quando ci sono io come paziente. Ho provato a dormire ma era difficile trovare anche solo una posizione. Dalle 4.30 alle 6.00 ho cercato di resistere pensando a quello che avrei potuto fare, poi alla fine mi sono arresa. Alle 6.30 ho preso un taxi per andare al pronto soccorso dell’ospedale privato dove ho da poco contrattato la mia assicurazione. Non c’era ancora nessun paziente, il che mi ha permesso di essere ricevuta nel giro di pochi minuti.
Sono stata positivamente colpita dall'attenzione con cui sono stata visitata anche perché si intuiva visibilmente che il medico doveva essersi svegliato solo in seguito al mio arrivo. Visita, esami del sangue, delle urine, ecografia all'addome e anche dei raggi. Ho aspettato infine un paio d’ore nel retro del pronto soccorso con una flebo di antidolorifico e di soluzione fisiologica ricordando i vecchi tempi in cui prestavo servizio in ambulanza con la Croce Rossa. In quel momento, mentre aspettavo i risultati delle analisi mi sono sentita sollevata di aver preso la decisione di andare e pensavo che il peggio probabilmente era passato. La diagnosi è stata quella di un’infezione del tratto urinario, per questo mi hanno prescritto sette giorni di antibiotico.
Ne sono già passati quattro e solo oggi inizio finalmente a stare meglio. Nei giorni passati, trascorsi a casa con la febbre che andava e veniva e i dolori solo in parte attenuati dagli antidolorifici, ho avuto modo di riflettere su quanto siamo invece fortunati ad avere “la salute” anche quando la diamo per scontata. Venire qui ha iniziato dei processi di cambiamento dentro di me non solo a livello mentale ed emotivo, ma anche fisico. La sfide da affrontare da sola in un paese nuovo, la quarantena, farsi un nuovo giro di amicizie e conoscenze, orientarsi nella burocrazia, ma anche il cambio climatico, l’assenza di una vera e propria routine, spesso la difficoltà a dormire, e tutte le varie preoccupazioni per un futuro incerto. Il mio corpo ne ha risentito.
Ho deciso che dovrò prendermi più cura di me anche in questo senso e vincere la mia paura, così già oggi sono scesa al centro medico che sta proprio sotto casa mia, mi sono fatta assegnare una dottoressa e dopo una chiacchierata mi sono fatta prescrivere alcuni esami da fare nelle prossime settimane per valutare un po’ la mia condizione fisica. Dopotutto, anche se non si direbbe, non ho più 20 anni! (Solo 25!!)

Il corpo ci parla e dobbiamo imparare ad ascoltare i messaggi che ci manda. Certo è che quella di avere la salute, non provare dolore, essere liberi di fare quello che vogliamo senza impedimenti fisici, è una di quelle benedizioni che diamo sempre un po’ troppo per scontata. Per lo meno noi che siamo abituati ad essere sani. Spesso è difficile anche potersi mettere nei panni delle persone che invece affrontano gravi avversità in questo senso per capire come possa essere la loro vita. So che fra tre o quattro giorni, quando sarò (spero) tornata come nuova, questa consapevolezza che provo ora tenderà ad affievolirsi quasi fino a sparire sepolta dal tran tran quotidiano. Per questo lo scrivo. Perché anche io mi possa ricordare di quando stavo male e mi lamentavo e mi dicevo che dovevo imparare a godere della vita con un pizzico di gratitudine in più per la salute!
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