Día de Andalucía: Mojácar
- starwells
- 2 mar 2020
- Tempo di lettura: 4 min
28 Febbraio si festeggia dal 1980, il día de Andalucía, ricordando il giorno in cui in seguito ad un referendum, la regione fu proclamata comunità indipendente della Spagna.
In questo giorno di festa le scuole, i negozi, le aziende chiudono e le persone festeggiano.
Io ho pensato per l’occasione di improvvisare una gita in giornata in uno dei paesini più caratteristici della provincia: Mojácar. Situato a circa 90 Km dalla capitale sulla costa orientale, questa è una delle località preferite dai turisti per trascorrere le vacanze estive.

Abbarbicato su una collina a 170 metri sopra il livello del mare, Mojácar Pueblo è la parte antica di questa località e si compone di graziose casette bianche, stradine e ripide scale nonché di diversi punti panoramici. Scendendo verso la costa si trova invece la parte moderna, Mojácar Playa, dove la vita scorre sulle spiagge e nei tanti bar, locali e discoteche che si possono incontrare.
Mojácar, il cui nome deriva da “Moxacar” che significa “monte sacro”, ha una storia millenaria. Moltissime popolazioni e culture si sono quivi susseguite, soprattutto quella araba, di cui la città conserva ancora molte tradizioni. Durante gli anni sessanta, risentendo delle pesanti conseguenze della guerra civile, Mojácar era in rovina e quasi completamente disabitata. Per questo motivo il sindaco dell’epoca, decise di promuovere misure particolari offrendo terreni a chi avesse voluto aiutare il paese a rinascere. Fu proprio questo ad attrarre in questo pueblo così caratteristico artisti, intellettuali e persone famose, che contribuirono alla rinascita della città.
Una menzione particolare va certamente fatta al unico museo presente, di cui consiglio vivamente una visita. Si tratta del Museo Casa de la Canana, che riproduce fedelmente un’abitazione tipica mojaquera della prima metà del XX secolo. Ciò che mi ha davvero colpito è la storia di come questa piccola e graziosa casa-museo sia nata. Chiacchierando con la proprietaria, una signora simpatica che si prodiga in interessanti e appassionate spiegazioni, e notando il suo accento particolare le chiedo da dove viene. Yulia è russa, di Mosca. Qualche anno fa lei e suo marito hanno deciso di trasferirsi in questa cittadina della provincia di Almería, dove amano trascorrere le vacanze da alcuni anni, intenzionati ad aprire una struttura alberghiera. Incontrando alcuni problemi alla fine cambiano direzione. Notano infatti che Mojácar manca completamente di un punto di riferimento culturale e aiutati da alcuni esperti, decidono di valorizzare l’immobile che hanno acquistato. Nasce così, dalla passione per una cultura, per una storia e per una terra questo graziosissimo museo. La visita costa solo 2,50 euro ma vale la pena.
La casa è ricca di oggetti originali dell’epoca, quadri, utensili e riproduzioni che ci catapultano indietro nel tempo. Ma ciò che mi attrae maggiormente sono le fotografie. Di persone, famiglie, luoghi, panorami, scorci di vita reale. Mi colpisce l’abbigliamento delle donne tipico mojaquero. Una gonna larga, un grembiule, colori sgargianti per le ragazze giovani, nero per le donne sposate o anziane. Un velo sulla testa con cui si coprono la bocca, tenendo un lembo di tessuto tra i denti. Trasportano l’acqua in delle grandi anfore che mi ricordano molto il film di animazione del Libro della Giungla.

Finito il mio giro nella parte alta della città, ritorno camminando sotto il sole del primo pomeriggio verso la spiaggia, dove mi concedo un bel pranzetto quasi salutare sul terrazzino di un ristorante a dirimpetto sul mare. Poi trascorro gli ultimi momenti in attesa di rientrare in città con l’autobus, su una lastrona di roccia tiepida, sulla spiaggia, a leggere e disegnare e ad ascoltare il rumore delle onde. Oggi ho scoperto anche che l’omino stilizzato con un arco sulla testa, che da tempo la città di Almería ha adottato come suo simbolo, è in realtà originario proprio di questo paese. Si riferisce ad un antico disegno trovato in una cava che per gli abitanti di Mojácar rappresentava una protezione contro gli spiriti maligni. Si chiama “Indalo” che significa “Dio Potente” e qui si può trovare sotto forma di souvenir in qualsiasi negozio ed è disegnato o rappresentato in svariati punti della città.

Rientrando verso casa, con le guance rosse dal sole e una gran stanchezza, mi viene in mente un ultimo fatto storico che ho appreso e che è in effetti molto curioso. Durante il periodo di conquista del sud della Spagna da parte dei Re Cattolici, il paese di Mojácar fu l’unico a non essere né conquistato con la forza, né ceduto, ma semplicemente annesso pacificamente. Alavez, il governante arabo della città, comunicò al Re Ferdinando e alla Regina Isabella la sua riluttanza al prendere parte ad una guerra contro i Cristiani. Disse loro che si sentiva spagnolo tanto quanto i Re Cattolici e chiese che le persone del suo popolo venissero trattate come fratelli e non come nemici, permettendogli di coltivare la terra e governare la città. Essi acconsentirono e la città continuò a prosperare.
Tutti gli anni a giugno a Mojácar si celebra la “Fiesta de Moros y Cristianos”. La gente del posto, ma spesso anche i turisti, si veste per l’occasione con sgargianti e lussuosi abiti di ispirazione araba o cristiana sfilando per il paese con cavalli, musica e danze, proprio per ricordare il negoziato pacifico fatto con i Re Cattolici. Una celebrazione dello spirito di amicizia e della pacifica convivenza tra musulmani, cristiani ed ebrei, che ancora oggi è molto sentito e vissuto dagli abitanti di Mojácar, in uno spettacolo di luci e colori, degno di un racconto da mille e una notte.

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